Ho ripiegato l’alba

Edizioni Tracce
[tabs style=”1″] [tab title=”Prefazione”] [frame align=”right”] [/frame] di Stanislao Nievo

Un dubbio di tempo perduto, uno slancio che chiede risposta, un decalogo di conduzione umana che batte alla porta dove la vita resiste opaca e monotona stringendo l’anima dei suoi mille lacci, un desiderio appassionato che chiede un momento d’essenza e nulla più. I versi di Leda Palma registrano in etimi classici la vicenda di Tersicore che torna nel suo tempo circolare, senza passato o futuro, a raccontarci le grida dell’animo. I versi sono semplici, subito alzati al cielo, con pochi modernismi, intricati di natura e di simboli d’oggi che ci spingono avanti senza sosta
e col pericolo dell’inconclusione.
Centralità spezzata, la chiama Leda, che subito scende senza un sospiro in una amarezza quotidiana da cui tenta di liberarsi, falciata dai sensi, nel sempreverde delle circostanze.
C’è qualcosa di Prometeo in questa donna, senza orgoglio ma con linearità implacabile, cioè da donna vera. Sono righe che si assorbono come una medicina acustica, non troppo sofisticata, con qualche accostamento ruvido e d’ossimori che ripropongono nella loro natura il continuo bivio delle occasioni e delle scelte. Il mondo è raggiunto subito, l’amore atteso ad ogni stagione, la solitudine risponde nel telefono cittadino che ci inchioda a girotondi meccanici e colorati.
E scopre al fondo l’amore assoluto negli occhi di misteriosa follia d’una creatura terrestre non umana,un cane di nome Santhy.
L’avventura di Leda cerca un secondo tempo, più sensuale ma anche più irruente, inconscio, per quanto questa parola un po’ abusata riflette la nostra sensibilità odierna. Il flauto di Pan continua a danzare, i corpi graffiati di mistero dialogano. Montagne acquatiche, deserti d’incroci intensi: una storia d’amore dolorosa e feconda che palpita con grazia femminile e lucidità maschile, è la trama di questa ultima silloge. Il ricordo della passione si frantuma e sorge con energia naturale, vegetale e minerale, climatica e animale. L’anima del poeta si dibatte ed urla, rimpiange e si innalza. “Allora soltanto bucherà l’universo”. La catarsi si compie piena di colori e sensazioni, il ricordo amoroso torna veemente, stupito d’essere alla fine del viaggio dove mare, cielo e eterno si uniscono in un’ultima carezza che chiede soltanto di non vivere più la storia lacerante, insorpassata, che ha vissuto. E ciò conclude lo spazio in cui Leda ha viaggiato e torna il suo tempo carico di dubbio d’esistere e di slancio di essere.
[divider top=”1″] [/tab] [tab title=”Recensioni”] [frame align=”right”] [/frame] …Bello perché è un vero grido che si solleva dal cerchio quotidiano che si stringe intorno alla nostra esistenza da cui emerge e ripiomba colei che grida e si dibatte per amore…
E chi, quale donna o uomo non si riconosce in questa lotta titanica necessaria per la propria sopravvivenza? La poesia, quella vera, non ha sesso, anche se solo una donna osa denudarsi così!

EDITH BRUCK

[/tab] [tab title=”Tratti dal libro”] [frame align=”right”] [/frame] A mio padre

Ti sono accanto
a sbocciare il presente
Non ero soltanto la betulla uccisa
ramo dopo ramo
all’angolo della casa
o il muto lamento del cane
L’erba patisce ancora
l’impronta del mio corpo
e la tua bocca ha l’impronta del mio nome
Come puoi fidarti della mente
se vibro in te
e raccolgo l’eco
del tuo canto
che si sfrange
e scolora.
[divider top=”1″]

Ti fingo
in ogni sguardo
Sono affollata di te
in ogni istante.

[divider top=”1″]

Si dilatava la valle
nel flauto di Pan
immensa
Danzava la solitudine
passi remoti
nel controcanto d’erba
Il gregge rigava le note
di leggerezza
I nostri corpi graffiati
di mistero
dialogavano
lenti.

3° premio Donna e Poesia
[divider top=”1″]

VARANASI

Remigare
di mente sciolta
d’ancore quieto
Brusio di parole
sull’acqua
travestite da dee
e si fa tempio
nido di fiori
richiesta d’oceano
Balenio di canti
ad aprirmi il sonno
M’incontro trasparente
farfalla fissata
su quaderno di bimbo
Montagne acquatiche
I ghat
dell’esistenza
risorgono ad ogni
stagione
Ganga divina
che ingabbi templi
e corpi arcani
tatuati di sorrisi
Morte corallo scoppiato
ad intrecciare
nozze perenni
ti carezzo la veste
di cenere
e greti d’impaure
Scivolano conclusioni
sui rami del cielo
Sai dove condurmi
dopo la piena
che mi ha divelta.
[divider top=”1″] [/tab] [/tabs]